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  • Timossi: Roma, l'idea è Conte

    Timossi: Roma, l'idea è Conte

    Do you speak english? L'ultimo capitolo di questa storia parte così e ha tre protagonisti: ci sono un francese, un americano e un italiano. No, non è una barzelletta. Capire cosa sta succedendo alla Roma negli ultimi mesi non è facile, difficile anche capire come potrà andare a finire. Tanto vale provarci subito. Notizia: Antonio Conte vorrebbe lasciare la Nazionale dopo l'Europeo di Francia. Walter Sabatini, ds giallorosso, vorrebbe Conte alla guida della Roma la prossima stagione. Dopo la figuraccia contro il Bate Borisov la società giallorossa ha già proclamato la linea difensiva: «Piena fiducia nel nostro allenatore». In parte c'è del vero, per tutto un insieme di cose. Intanto il francese ha rinnovato fino al giugno 2018 ed esonerarlo adesso per il presidente americano (Usa) James Palotta significherebbe sborsare 15 milioni subito, più lo stipendio del sostituto. E intanto l'italiano, il ds Sabatini, avrà pure sondato Conte, ma non ha ancora una risposta e neppure un accordo, perché troppe sono le variabili, iniziando dai risultati che Conte potrebbe raggiungere in Francia e quelli che il francese potrebbe ancora raggiungere in Italia.  Ecco perché la Roma fa quadrato e aspetta. Però l'incantesimo sembra essersi spezzato, non solo tra il tecnico e i tifosi.

    Partiamo dalla città. Volendo forse estremizzare, ma senza neppure eccedere, si può sostenere che il quartiere di Testaccio sia il cuore della Roma giallorossa. Sarà che qui c'era il primo campo della squadra, il primo club di sostenitori e sarà che pure i colori dei suoi magnifici palazzi anni Venti hanno sfumature rosse e gialle. Nel quartiere che mi ha accolto, io mi sono fidato subito della pizza e dei giudizi calcistici di Federico Scarano, che ogni martedì e mercoledì non si va vedere tra i tavoli del “Grottino” perché evidentemente impegnato a seguire le incerte vicende in Champions della sua squadra. Ora, mentre Federico pulisce tre chili di funghi porcini appena arrivati in cucina, mi spiega: «Garcia? Credo che la squadra non lo segua più e soprattutto anche quest'anno lui non è stato in grado di dare un'identità di gioco alla Roma. Sembra che ognuno faccia quello che vuole, senza seguire uno schema preciso. Quindi è arrivato il momento di dare la panchina a una persona seria in grado di far vincere lo scudetto a una squadra, che, per me, quest'anno è stata fatta per vincere». Ovuli ? «Solo splendidi porcini». Torniamo alla Roma, fuori i nomi ? «Ancelotti, al massimo Montella, che ancora non capisco perché sia stato mandato via». Conte la prossima stagione? «No, preferirei gli altri due». Papà, che è juventino, tira un sospiro di sollievo. Anche questo pensa la città

    Ora c'è da capire che pensa la società. E l'evidenza racconta di una Roma spaccata.  La frattura più difficile da sanare sembra quella tra l'allenatore Garcia e il direttore sportivo Walter Sabatini. Quasi superfluo ricordare che portare in Italia il francese è stata una trovata di Sabatini, ma poi accade spesso che certi amori finiscano, anche la storia del pallone è piena di avventure così. E qui veniamo al ruolo strategico della lingua inglese. Che Sabatini mastica a fatica, a differenza di Garcia. Questo ha permesso all'allenatore di instaurare un rapporto privilegiato, a tratti anche esclusivo, con Pallotta  e i vertici statunitensi della società giallorossa. E grazie a questa corsia preferenziale il tecnico ha sferrato un duro attacco a Sabatini, che ha avuto il suo momento culminante nei primi mesi del 2015. Vero, il direttore sportivo aveva appena sbagliato importanti scelte di mercato, in particolare portando in città i sempre acciaccati Ibarbo e Doumbia. Errori ammessi poi da Sabatini, ma intanto la guerra era iniziata. E per chi suonava la campana? Solo a favore di Garcia, che per un po' ha agito sottotraccia, fino ad arrivare allo scontro. La reazione di Sabatini ha cercato di mettere ordine tra le sterpaglie, ha privilegiato le scelte strategiche e quindi confermato fino al 2018 il tecnico, cercando però di riportare il personaggio nel ruolo che gli compete. 

    E infatti nel giugno scorso, al vertice che Pallotta aveva convocato a Londra, Garcia non è stato invitato. Altri investimenti, quest'estate, hanno probabilmente costruito la Roma più completa degli ultimi cinque anni, quella davvero in grado di vincere lo scudetto. Comunque la favorita. Il clima in città è frizzante, la Lazio sta un punto sopra in classifica e anche questo pare uno stimolo in più. Gli infortuni? Non sono certo colpa di Sabatini, stavolta i giocatori sono arrivati in buone condizioni. Adesso tocca a Garcia, che nelle ultime ore ha incassato pure un nuovo attestato di stima da Pallotta. E se lo scudetto è il vero obiettivo giallorosso, tutti sanno che per vincerlo sarebbe meglio non cambiare allenatore in corsa. A memoria la storia recente del calcio italiano non racconta di uno titolo nazionale  arrivato dopo un esonero. E l'idea Ancelotti? Pare che Carletto sia sempre più attratto dalla Premier League che dalla serie A. Montella? Per liberarlo pare sia sempre necessario pagare alla Fiorentina una clausola di 5 milioni e il caso Salah non permette al momento un accordo diplomatico tra le due società. Resta Garcia, almeno che non combini altri disastri incredibili.  E per il futuro l'idea Conte. Non è sciacallaggio, al massimo si tratta di speakeraggio. 

    Giampiero Timossi 

     

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