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  • Pippo Russo: l'Europa del Salary Gap

    Pippo Russo: l'Europa del Salary Gap

    Il Fair Play Finanziario? Un principio sacrosanto la cui messa in atto si farà sempre più complicata. Non soltanto per ragioni tecniche, riguardanti l’applicazione dei parametri e la valutazione dei casi singoli. La vera ragione di difficoltà sta nella crescente sperequazione che nel calcio europeo dei club sta dividendo una ristretta elite di club ricchissimi dal resto del movimento. Una sperequazione di cui ogni giorno di più si ha percezione, ma le cui dimensioni in termini assoluti continuano a sfuggire ai più. 

    A sanare questa mancanza di percezione provvede la sesta “Global Sport Salary Survey (GSSS), una ricerca annuale la cui prima edizione risale al 2010. Condotta dagli analisti del sito sportingintelligence.com, l’indagine analizza i livelli salariali dei club che partecipano alle principali leghe professionistiche degli sport di squadra sparse per il mondo, e calcola il livello di salario medio annuale per i club di ciascuna lega. Come avvertono i numeri di copertina (il rapporto è consultabile e scaricabile qui), sono stati presi in esame 333 club distribuiti in 17 leghe, a loro volta appartenenti a 13 diversi Paesi e a 7 discipline sportive. I dati delle cinque edizioni precedenti avevano già reso noto che, ai suoi livelli più alti, il calcio europeo paga salari più alti di quanto non facciano le principali leghe professionistiche nordamericane. La GSSS del 2014 aveva infatti riferito 

    (LEGGI QUI) che il club dal più alto livello salariale medio al mondo fosse il Manchester City, che pagava uno stipendio annuale da 5.337.944 sterline (7,51 milioni in euro), corrispondente a un salario settimanale di 102.653 sterline (oltre 144 mila euro). Alle spalle dei Citizens si piazzavano i New York Yankees, franchigia della Major League Baseball, con un salario medio annuale di 5.286.628 sterline corrispondente a una paga settimanale di 101,666 sterline. Seguivano un’altra franchigia della MLB (i Los Angeles Dodgers), il Real Madrid e il Barcellona. Bisognava arrivare al sesto posto per trovare la prima franchigia NBA: i Brooklyn Nets

    Rispetto a un anno fa, e in conseguenza della decisione di prendere in esame anche i dati della Ligue 1 francese, la classifica mondiale dei salari medi per club è stata terremotata. Perché alla sua prima apparizione il Paris Saint-Germain è andato a prendersi la prima posizione (LEGGI QUI). Il salario medio pagato dal club parigino ammonta a 5.298.693 sterline (7,45 milioni in euro), corrispondente  a una paga settimanale di 101.898 sterline (circa 143 mila euro). Si tratta di cifre inferiori a quelle fatte segnare l’anno scorso dal Manchester City, che dal canto suo è scivolato in terza posizione con un salario medio annuo di 5.015.122 sterline, e settimanale di 96.445 sterline. Ma a spiccare non è soltanto il cambio di leadership in questa particolare classifica. Un elemento ancor più significativo è che, delle prime dieci piazze, otto sono occupate dalle big del calcio europeo. Le due franchigie nordamericane superstiti nella Top Ten devono accontentarsi di posizioni di rincalzo: la quinta e la nona, rispettivamente per i Los Angeles Dodgers e i New York Yankees, entrambe franchigie MLB. 

    Soprattutto, il dato che davvero fa specie si ricava proiettando l’analisi oltre la Top Ten. Perché dall’undicesima piazza in poi la presenza del calcio, così massiccia nelle prime dieci piazze, all’improvviso è colpita da rarefazione. Troviamo il Liverpool al quattordicesimo posto, e poi bisogna scendere al ventiquattresimo posto per trovare un altro club calcistico: la Juventus, prima italiana classificata, con un salario annuo medio di 2.859.195 sterline e uno settimanale di 54.895 sterline. Al trentesimo posto si piazza il Tottenham. E poi al cinquattottesimo posto si trova il Milan, sopravanzato pure da sei franchigie della Indian Premier League di cricket, sparpagliate fra il quarantunesimo e il quarantottesimo posto. 

    Il quadro d’insieme che ne emerge fornisce due indicazioni chiare e preoccupanti.

    La prima dice che il livello d’elite del calcio europeo viaggia su livelli economico-finanziari da gigantismo: occupa otto delle prime dieci piazze mondiali, quando l’anno scorso erano sei su dieci. La seconda indicazione dice che lo scarto fra questa ristretta elite e il resto del movimento calcistico europeo si fa sempre più abissale. Lo stesso inserimento della Ligue 1 francese nel panel testimonia uno squilibrio che dal livello nazionale francese si proietta su quello europeo. Questo inserimento è stato infatti reso necessario dalla presenza nel torneo francese di un club, il Paris Saint Germain targato Qatar, dalla straordinaria capacità di spesa. Straordinaria a tal punto da portarlo immediatamente in testa alla graduatoria mondiale dei salari medi annui. Ma poi per trovare il secondo club francese bisogna scendere al settantottesimo posto della graduatoria, dove è piazzato il Monaco dell’oligarca Dimitrij Ryvbolovlev. E si deve scorrere altre otto posizioni per trovare il Lione, ottantaseiesimo. Dunque, ci sono settantasette posizioni di differenza fra la prima e la seconda francese della graduatoria. Ma anche ventitre fra il PSG e la prima italiana, e cinquantadue fra il club parigino e la seconda tedesca (lo Schalke 04). Numeri che dicono di uno squilibrio insostenibile. 

    Per di più, si tratta di uno squilibrio cresciuto in un periodo molto recente. I dati della GSSS 2013 (LEGGI QUI) piazzavano ancora il Milan al sesto posto e l’Inter al decimo. Adesso le due milanesi sono state costrette a darsi una ridimensionata (l’Inter è scesa al sessantanovesimo posto). Altri club invece continuano a spendere e produrre allegramente debiti per rinforzarsi e pagare salari di calciatori. Vincendo così la battaglia dl gigantismo non soltanto con la concorrenza calcistica nazionale e europea, ma anche con quella delle franchigie nordamericane. Rispetto alla quale, però, c’è una sostanziale differenza. Nello sport USA ci si sforza di mantenere equilibrata la competizione, e fra i meccanismi che lo consentono c’è il cosiddetto Salary Cap, il tetto salariale che ogni franchigia non può sforare a meno di pagare pesanti sanzioni. Nell’Europa del calcio, invece, dell’equilibrio competitivo frega soltanto a chi sta fuori dal circolo dei super ricchi. Per i quali, invece, vige il principio del Salary Gap. Lo squilibrio salariale che afferma per l’ennesima volta la Legge del Più Forte. E sarà davvero dura far digerire a questi signori il Fair Play Finanziario e l’idea di dover spendere in misura “compatibile” con l’equilibrio economico e l’equità competitiva. 

    di Pippo Russo
    @pippoevai


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