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  • Sabatini a colpi di hashtag: #DeCillis, #Cairobraccino e il #Parma
Sabatini a colpi di hashtag: #DeCillis, #Cairobraccino e il #Parma

Sabatini a colpi di hashtag: #DeCillis, #Cairobraccino e il #Parma

Una volta c’era "l’hanno detto in televisione", con variante ancora più autorevole: "L’ha detto il telegiornale". Appuntamenti fissi, e basta essere over 30 per ricordarli: alle otto della sera guardavi la tv, alle otto della mattina leggevi un quotidiano. E poi vivevi sicuro. Con le basi necessarie per non sfigurare in qualsiasi discorso d’attualità.

Adesso, no. L’informazione è flusso continuo e va velocissima anche nelle sigle: si dice "accaventiquattro", si scrive "h24", si legge su smartphone accarezzati compulsivamente da pollici sempre più atletici. Notizie e commenti, resoconti e retroscena: tutti insieme appassionatamente. Tutto in rete. Zero selezioni e filtri. Pronti, via ed evviva, parte la "ola" virtuale: perfino per Magalli candidato Presidente della Repubblica. Questo suggeriva il web, e agli altri media è toccato occuparsene.

Negli ultimi giorni, argomento calcio, l’onda lunga dei social toccava tre argomenti, tre tormentoni che in realtà sono tre "tormenti" dei tifosi: De Cillis, Cairo e il Parma.

Sul presidente del Torino, c’è una campagna che lo esorta a non esser tirchio e spendere fino all’ultimo centesimo i soldi incassati da Cerci e Immobile. L’hastag #cairobraccino (foto Twitter) va che è una meraviglia. Ma pure il Toro, nelle ultime giornate, va che è una meraviglia. E allora, meglio un braccino oggi che un fallimento domani.

L’insegnamento viene anche da #Parma. "Parlatene!", è l’appello disperato dei tifosi. Sì, volentieri. Ne parliamo. Ma come insegna quel proverbio: le parole le porta via il vento, i milioni qualcun altro e i debiti sono rimasti tutti a Parma. Ci salvi chi può: per esempio Federcalcio e Lega.

E poi c’è #DeCillis. Sapete chi è? Il 95% risponde vagamente no. Il 5% sì e sa tutto: è l’esercito degli juventini che dal 2006 lotta per ribaltare il verdetto di Calciopoli. Teodosio De Cillis è il titolare della rivendita di Chiasso dalla quale Luciano Moggi avrebbe comprato le famigerate schede svizzere da distribuire agli arbitri. Insomma, un testimone chiave per l’accusa, perché proprio la presunta distribuzione delle sim svizzere fu la prova per la quale Moggi venne condannato al processo di Napoli (dove non si è potuta provare l’effettiva alterazione di alcuna partita). Notizia di giovedì scorso: De Cillis verrà processato, perché rinviato a giudizio per falsa testimonianza

Quanto è rilevante questa notizia? Per i social, tantissimo. Per radio, tv e giornali quasi nulla. Ma non per pigrizia, complotto o peggio ancora malafede. No. Semplicemente perché su Calciopoli si attende l’ultimo verdetto, atteso fra due mesi dal Tribunale di Napoli. Quella sarà la sentenza definitiva: ultima parola per la giustizia ordinaria. Penultima per la giustizia sportiva. Terz’ultima, quart’ultima o parola qualsiasi per quelli che continueranno a credere solo e soltanto nel proprio castello di verità, senza mai scalfirlo. Personalmente non ho una verità da svelare. Come tutti, conoscevo Luciano Moggi che nel calcio aveva un grande potere. Lo usava: sempre. Ne abusava: forse. Lo millantava: anche.

Non ho competenza per entrare nel labirinto giuridico. Da giornalista sportivo, faccio cronaca e commento con cautela. In ordine cronologico: nel 2006 l’Inter avrebbe fatto meglio a non accettare quello scudetto, nel 2010 l’Inter ha dimostrato che con una grande squadra e un grande allenatore si può vincere tutto e in tutto il Mondo, nel 2014 la Juventus ha conquistato il terzo scudetto consecutivo (senza Moggi).

E una puntata per volta, la storia continuerà.

 

Sandro Sabatini (giornalista Sky Sport)

Web: sandrosabatini.com  -  Twitter: @Sabatini  -  Facebook: SandroSabatiniOfficial

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