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  • Pippo Russo: AAA: cercasi chiodo per le scarpe di Antonio Cassano
Pippo Russo: AAA: cercasi chiodo per le scarpe di Antonio Cassano

Pippo Russo: AAA: cercasi chiodo per le scarpe di Antonio Cassano

L'ultima cassanata rischia d'essere ultima in senso assoluto. Cioè destinata a non essere seguita da gesta analoghe. E mica perché lui, Cassano Antonio, abbia messo la testa a partito, nossignori: un rischio del genere non lo si corre, e ormai l'avrà capito anche lui. Semplicemente, l'eventualità che in futuro vi siano nuove cassanate dipenderà dal fatto di rivedere in campo il presunto fenomeno di Bari Vecchia. Una prospettiva che col passare dei giorni si fa sempre più improbabile. Del resto, quanti di voi si sono ricordati dell'esistenza di tal Cassano Antonio soltanto perché si sono imbattuti nel titolo di questo articolo?

"E già, Cassano! Ma che fine ha fatto?".

Nessuna, finora. Nel senso che per il momento non ha ancora messo fine alla carriera da calciatore così come non ha mai dato inizio a quella da fuoriclasse, etichetta che in troppi e troppo a lungo si sono ostinati a accreditargli. Semplicemente, Cassano è sparito. Da quasi tre mesi è un fantasma del nostro calcio, e a parlarne si ha quasi l'impressione di ragionare su un ex che ha mollato l'attività agonistica da almeno un lustro. E invece lui ha smesso di giocare senza essersi ritirato. S'è chiamato fuori dal caos del Parma rescindendo il contratto, e andandosene via ha lasciato dietro sé la solita coda di polemiche sbracate. Come ogni volta che ha dato l'addio a un club: riconoscenza zero, autocritica meno di zero, e la ferma convinzione d'andare a giocarsi altrove la chance della maturità. Con la chance che però passava, e la maturità che intanto non arrivava mai. Che si trattasse della Roma o del Parma, del Milan o dell'Inter, della Sampdoria o del Real Madrid. E riguardo a quest'ultimo club, a ripensarci adesso non ci si capacita di come sia successo che uno come Cassano Antonio possa aver vestito la maglia delle merengues. Di sicuro c'è che lui non l'ha mica ancora capito d'essere stato un calciatore del club più glorioso al mondo. Del resto Madrid come Parigi non ha il mare, e dunque non potrebbe nemmeno sembrare una piccola Bari.

Il problema è che tutte le altre volte gli addii rumorosi erano avvenuti con danni limitati, e che nonostante le ripetute prove d'ingestibilità caratteriale c'era sempre stato un club pronto a prenderselo in carico contando sul saldo positivo nella differenza fra il rendimento in campo e le cassanate fuori dal campo. Ma purtroppo per i club, e infine anche per lui, con l'avanzare dell'età il rendimento in campo è andato scemando senza che le cassanate diminuissero. Anzi. E adesso che questo predestinato ha scoperto quanto il suo destino sia rimasto pre-, praticamente morto in gabbia nell'attesa di spiccare il volo, le prospettive si fanno cupe. A luglio i suoi anni saranno 33. E per allora già da un pezzo persino la critica che verso lui ha conservato indulgenza, anche nei momenti in cui ogni bonus avrebbe dovuto essere considerato esaurito, l'avrà piantata di considerarlo come "il più grande talento del calcio italiano degli ultimi quindici anni". Giudizio che fra l'altro, se mai corrispondesse al vero, sarebbe l'ennesima dimostrazione dello sfacelo d'una scuola calcistica nazionale.

Al suo trentatreesimo compleanno Antonio Cassano potrebbe arrivarci da esodato. Fermo dapprima per scelta propria, ma poi suo malgrado. E nell'indifferenza generale. Effetto dell'ultima cassanata, appunto. Quell'addio insensatamente astioso al Parma, a un gruppo di giocatori rimasto travolto da una situazione economico-finanziaria penosa, e soprattutto a un allenatore accusato di chissà cosa. E per questo "chissà cosa" definito Crisantemo via Twitter. Toni che sarebbero stati fuori misura anche in circostanze normali, ma che risultano specialmente sgradevoli in quella circostanza. Che ha visto Cassano andarsene via da una situazione in cui un gesto di responsabilità, da leader vero, avrebbe riscattato una carriera di cassanate. Ma sarebbe stato pretendere troppo. E infatti la realtà dei fatti si è risolta nell'ennesima cassanata. Quella probabilmente definitiva.

Non ho idea di cosa gli sia passato per la testa quando ha deciso di svincolarsi. Forse pensava di avere ancora estimatori sul mercato, o di trovare un'altra squadra ansiosa di mettergli a disposizione l'ennesima "chance della maturità". Di sicuro c'è che ha mancato l'occasione di continuare a far parte di una squadra capace di impartire una lezione di dignità all'intero calcio italiano. Una squadra che dopo lo shock del fallimento è riuscita quantomeno a darsi un equilibrio e a liberarsi di certe zavorre. Mentali, tecniche e umane. Una squadra che non potrà evitare la retrocessione, e che chissà in quale categoria si ritroverà a giocare l'anno prossimo. Ma che adesso ha recuperato una sua dimensione. Quanto basta per battere persino la Juventus, dimostrando che si può fare a meno degli stipendi. Figurarsi di Cassano Antonio. Così come di lui può fare a meno il campionato italiano, che negli anni recenti ha perso la propria grandezza assieme a alcuni fra i protagonisti di spessore mondiale. E se ci siamo fatti una ragione di non vedere più sui nostri campi gli Zlatan Ibrahimovic e i Paolo Maldini, volete forse che ci si metta il lutto al braccio per la perdita degli Antonio Cassano e dei Mario Balotelli?

Forse soltanto adesso comincia a capirlo anche lui. Che a ogni giorno trascorso si scopre sempre più solo e dimenticato. E col fottuto timore che quel crisantemo nominato a vanvera fosse un lapsus linguae, un preannuncio del destino personale da calciatore. Il fiore adagiato sulla lapide d'una carriera non chiusa per scelta, bensì sospesa per impraticabilità di campo. Sicché, abbiate un attimo di tenerezza e indirizzategli un gesto di pietas. Comprate un chiodo a Antonio Cassano e spediteglielo a casa. Magari gli renderà meno penoso il gesto di appendere lì le scarpe rimaste nel borsone da fine gennaio.

@pippoevai

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